Bernardo Negro

Il prof. Bernardo Negro al centro tra il prof. Antonio Scommegna e Padre Carmelo Giovannini.


DALL’ELDORADO ALLA VITA

A mia Madre

L’Eldorado spacciava riverberi che si trastullavano

con vetrose schegge portafortuna,

frammenti appesi al ghigno degli spaventapasseri.

La polverosa meccanica dei giocattoli

si estingueva nei solai: una girandola di fantocci esalava

ultimi stridii gioiosi, poi fissati dal colore del silenzio.

Scambiavano sberleffi un po’ invecchiati in balìa

di esploratori in carta pesta , frulli di segature

tra congegni non più calibrati dal caso. Ma,

dal ritratto, gli occhi di mia madre bastavano a trattenere

la trottola sregolata che pungeva l’infanzia,

i miei smarrimenti, per ricomporre il tremore

degli slanci, per rivivere i fasti delle promesse.

Certo l’età disperse l’ignoto girovagare

tra le cose: forzieri immaginari cullavano

sonni più brevi delle speranze.

Fu un incubo l’accatastarsi del vuoto. Nulla

materializzava il passar degli anni. Poi la fatica

per maturazioni, a forza di braccia, si imponeva

alla sopravvivenza, allo scavare fino alla vena più dolce

della fertilità. I conti tornavano anche nei miracoli.

Mia madre raccontava dell’ Operti, della Misericordia in campi

intonsi della Carità. Trovai Linda e l’Eldorado fu un arcobaleno

a portata di desiderio. La festa di Mucci

fu una luce sempre più chiara sulle sue foto di eccentrico

sognatore di Civiltà. Mia madre offriva le nostre città

per sentinelle ai mio passaggio:

la Savigliano di Baccolo mostrava fate sotto l’arco dei Re;

la Bra di Gandino era la fortezza dei Fiori.

E noi nel giusto anello che dava all’anima il vero luccichìo.

7/3/2016


Un percorso poetico che propizia a ricapitolare nella memoria le opere e i giorni che hanno dato forma all’esistenza, una rievocazione che stupisce attraverso un tessuto di suoni e di immagini, nel quale si coglie anche la presenza di una tensione spirituale accattivante nella sua profonda semplicità ed emotività.

 

FERMAGLI

 

Le ombre ascendono per conoscere

un’eco di voci. Scoprono sonagli

di vento, quasi un invito a crescere

dove il cuore cela vecchi fermagli,

lucori su accorate trasparenze,

veli improvvisi sul battito di cose

che cingono segrete evanescenze:

ombre di soffi lievi, ma gelose.

Sono flash di ricordi palpabili,

accenni ad ogni silenzio indifeso.

Polvere di bambole friabili.

Inventano un Paradiso sospeso:

luccicando in sogni troppo labili

accolgono il tremore più conteso.

 

 Marzo 2015 - Bernardo Negro

 

L’ECLISSE

 

Basta che un soffio di bujo sfiori il cielo

per  afflosciare  il nostro respiro:

da sempre il destino avvolge con un telo

quanto di ignoto umilia la luce che ammiro.

Così ci spinge l’eclisse del cuore

dove una spina scopre un dolore:

ci riconosciamo a tentoni nella gabbia del mondo

mentre l’Astro avvita l’ultimo sfondo.

Siamo il riflesso dei compagni di strada

che incrociamo nell’abisso rovesciato,

pellegrini dell’ombra nelle contrada.

Cerchiamo una via in quanto si è dimenticato

e, per non abbagliare un’illusione, inutile sciarada

puntiamo all’azzurro più alto un vetro affumicato.

Attenderemo ancora nel volteggio del sole un raggio

che scenda lieve sul nostro miraggio:

e forse sarà luce vera quella che avanza

nell’innocenza feconda di un’eterna danza

 

20/3/2015 - Bernardo Negro


SGUARDI DAI MIRAGGI


L’EVIDENZA DEL NOME

Interrogarsi sull’identità
e già uno scivolone
su sabbie mobili appena increspate
dalla memoria. A volte
bastano foschìe di ricordi
a sbaragliare un amorfo torpore
e già emerge il vocativo di un profilo
lo stupore assemblato
dalla consuetudine di un nome.


ULTIMO TRIMESTRE

Dai banchi di scuola
le biciclette scattano con allegria
lungo un percorso
di stelle filanti. Fine anno
sotto i busti risorgimentali
di Arimondi e Cravetta
che le erosioni dismettono
dal cuore della città.
Ma il presente ridipinge i ritorni
se gli schiamazzi per tutte le innocenze
sfidano la libertà di cantare
coi volumi di classe chiusi,
ma stretti dalle mani
amorevolmente tattili
che, in frequenze di giorni incolmabili,
diverranno i libri di sempre
a rammentare
il germoglio quotidiano di un sorriso.

13/6/2013

VARO IN LIBRERIA

L’Autore vince
un’impennata timidezza
estrapolando in silenzio
passaggi casuali
del libro. Il Moderatore
con biografia ed esiti
dà scatto al surplace letterario.
La serata in libreria
Imbandisce connessioni a tema libero,
sfora per eccessi confidenziali
la linea portante dell’argomento.
Già tutti sfogliano
con succosa indulgenza
pagine ravvicinate a pensieri personali,
a simpatie in sospeso
tra i faretti di nicchia.
Si salutano tutti
quando il momento conviviale
parifica la suggestione dei ruoli.
Domani gli scaffali
accoglieranno un accento poetico intonso,
un brivido fresco di stampa,
ma permeabile al filtro degli anni.

14/6/2013

SEGNALI DA UN ANTICO IMPERO

La sabbia dell’acquedotto
Romano, a Pollenzo,
frigge come la terra smossa
dalla talpa. Poso l’Iphone
sullo zoccolo di una pietra miliare
indecifrabile. Presto la suoneria
intervalla la luminosità
che deforma le crepe del marmo
in liquide intermittenze. Si interrompono
con il mio - … pronto- in caduta libera
su un perimetro di rovine.
Attendo una risposta
che scorra sul presente,
i l- … mi confermi l’ora?-
oltre i frammenti sempre più muti
della sovrapposizione dei tempi
tra le erbe. Il Turriglio
troneggia ancora in curve
tracciabili dal cielo.
Ecco, ti ascolto.
La tua parola sembra
fondere segmenti di display:
anche il futuro può smarrirsi
in luci più aspre delle pietre.

15/6/2013


LE OMBRE SULLA SPIAGGIA

Nell’ora torrida
la spiaggia trascina i miraggi
nel gorgo che, sul mare,
abbaglia lente derive
tra calme fissità inestese.
Dal capanno il teleschermo
ravviva i flash altalenanti
di una videoconferenza.
Il nostro ombrellone
è il segnale di un’elica informale
in un provvisorio deserto.
Si sentono clacson dall’Aurelia
come ventate da un tunnel,
ma le tue ciglia riposano
nel mio ultimo sogno,
voce narrante di uno sguardo
che cede lo sfarfallìo più tenero
al pulviscolo della memoria.

18/6/2013

GHIACCIAIO A PRIMAVERA

La visuale seguiva la parabola
dei coni d’aria
sospesi tra la cima
e volumi di luci variabile
lungo la catena. Lontani fasci di sole
decifravano il mosaico del mondo
in un’ora che vagheggiava
i respiri di vasti preludi.
Riconoscevi la frattura di un bivio
prima dell’arco incorrotto
di una città …..la tua,
forse. Ma eravamo insieme
nella conca più chiara del ghiacciaio,
sotto un cielo intenso
vivo in ogni lontananza.

25/6/2013


CORRIDOI DI ACCELERAZIONE

L’aereo rullò in equilibrio
di millimetriche convessità;
seguendo i corridoi di accelerazione
l’alba conservava un tunnel diafano
per ore mobili nel candore. Il Copilota
attivava sincronìe
invisibili tra i comandi,
poi, al decollo,
sigle di parole modularono
la variabile sonorità dell’etere
tra cielo e terra. Si infittivano
echi magnetici di vene
che pulsavano fino a sciogliere
i segmenti della creazione
più dilatati dagli sguardi del cuore.

22/6/2013








PENSIERI DOPO LA CRESIMA, A PENTECOSTE

L’aria sfiora il cielo
con esili lingue di fuoco:
da sempre fanno alzare
gli occhi sul cammino ritrovato.
Dapprima era un vortice
che partiva dal cuore,
ma non sapeva le onde
della Creazione
ed i battiti dello smarrimento
languivano tra abulici segnali.
Ma il tempo ha disteso
il firmamento:
Giacomo, Pietro ed i nuovi santi
mutano le stelle in parole,
placano l’Apocalisse
con la meta del perdono.






CENTENARIO DEL GUALA


Il 5 Maggio la lezione al “Guala”
accolse il manzoniano destino
sublimando, nei versi
del virtuoso sigillo poetico,
un anno di studi.
Dalle finestre le sfumature
di un libero caleidoscopio
avvolgevano le intemperanze
della classe:
aereoplanini e fili di gesso sulla lavagna
scioglievano le ultime matasse grammaticali.
La pazienza del teologo
all’ ascolto di “misfatti”,
ormai fuori gioco dal voto di condotta
ritrovava, con poesia, i sussurri
di un distratto esame di coscienza.




NEL ’40, FOTO DI CLASSE



Nella foto tra gli allievi,
Don Brossa schiudeva al sorriso
un anno trascorso
nel formicolante cangiare di una giovinezza
stupita in quei mesi di confine.
Insegnante di Storia, tra i banchi,
completava le note a piè pagina
con traccie vissute.
Altrove la gioventù
inoltrava passi strappati
al buio della terra.
Finiva la scuola
e, allo scatto del fotografo, i volti
confidavano timidi segni
a brevi scenari
sulla mappa di mondi
fragili come veli
già nell’aria di quella primavera.



PENOMBRA DI VENDEMMIA

La vendemmia era il profumo dell’aria
nel varco più maturo della stagione.
Sul colle il sole
anneriva il legno dei graspi
fecondi nel buio.
Ed erano in ombra i tarocchi al “ciabot”,
sfide attese da occhi invisibili.
Furtivo il garzone
rapiva la freschezza più aperta
nello sguardo bruno di una ragazza
scesa dai filari.
Verso sera il tramonto
lasciava schietti riverberi
in uno stacco di luce,
felice di vagare
sul ciglio di un abbraccio.



GIOVANI LUMINARIE


Scoprivo la terra ed i colli,
ultime quinte
del Luna Park di Pasqua
ed i versi
si facevano notturni
tra le voci e sotto le luminarie
che sfidavano
ebbrezze di primavera.
Mi camminavi a fianco,
dolce onda di seta
che nascondeva alle stelle
il mio tremolìo.




IL CIELO DELLA FEDELTÁ

Il fratello prete benedì
la soglia più chiara
della casa nuova. Gli sposi
sfiorarono con le mani il letto
illuminato. Il sole toccava
ogni angolo, ora custodito
dalla coppia, con un raggio
lungamente invocato
sulle loro mani intrecciate.


IN ILLO TEMPORE

In canonica troneggia, opaco,
un televisore a due canali
ancora funzionante
con l’imperioso bianco-nero
degli anni sessanta.
Tornano messe pre-conciliari
in sinopie severamente gregoriane.
Il diacono rivive
l’URBI ET ORBE
del Papa bergamasco
che scopriva le navate del mondo.



VIGILIA DEL PANE


Sulla ringhiera la nebbia
deponeva le gocce della notte
con una lucida fioritura
senza steli, rugiada sul ricamo
di un ultimo sogno
da ricordare.
Ai primi saluti
i cardini, infossati
dietro gli usci,
frusciavano come cenni
in cerca di luce.
Nel cortile
si aspettavano i carri
a macinare inghippi
ed ostacoli serpeggianti sulla terra
nelle scie già aperte del giorno.
Verso Oriente occhieggiavano
mete rischiarate
da chiarori più vasti
sul profumo del pane.






IL DIADEMA DEI MIRACOLI

La cavità levigata
da un diafano tremolìo
di fiammelle votive
evocava i sussurri di Bernadette
ed i ceri fedelmente oscillanti,
sotto il manto della Vergine,
dialogavano con grazie segrete.
Accanto l’acqua accompagnava
sussulti di stelle mai spente
nel diadema più alto del cielo.





Biografia.

Bernardo Negro è nato a Bra nel 1942. Ha partecipato a numerose antologie poetiche e ha pubblicato quattro sillogi in versi. La prima, “Poemetto a Voce” venne stampata a Savigliano nel 1975. Si è occupato di Storia locale curando i testi dei volumi “Bra Immagini nel Tempo” e “Bra, Nuove Immagini nel Tempo” con prefazioni di Giovanni Arpino e Pier Luigi Borbotto. E’ stato tra i finalisti del premio Massimiliano Kolbe e segue da tempo le iniziative coordinate dal Cenacolo Clemente Rebora di cui è socio
Da sempre crede sia al “dialogo” tra fotografia ed armonia del verso e sia all’utilità del reading.
Ritiene necessaria la diffusione della poesia nei vari supporti contemporanei, dai depliant a Internet. In quest’ ottica ha curato per un’importante istituzione bancaria i testi di calendari ed agende.
 
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